Negli
anni ho riflettuto su alcune situazioni di gioco che vedono impegnati, spesso e
volentieri, gli attaccanti: 1>1.
Da svariati anni, il calcio moderno, ha
portato sempre di più allo sviluppo di un gioco totale, un gioco che ha origine
dalla linea difensiva, annesso il portiere, che se dotato di ottima tecnica risulta determinante per il possesso palla. In questo nuovo modo di
interpretare il calcio e di applicarlo, a parer mio, diventa determinante una
qualità di tattica individuale a cui
spesso gli attaccanti non pongono la giusta attenzione o, ancora peggio,
nessuno fa si che la pongano. Considerando che
per “nessuno” intendo gli allenatori, proverei ad esporre un pensiero,
che in anni di calcio giocato e non, ho elaborato:
“perché
io allenatore devo chiedere ai difensori esterni di arrivare sul fondo oppure a
trequarti mettere un cross o un traversone e magari preciso, quindi supponendo
un passaggio di rifinitura, da chi per posizione in campo non si trova spesso a
rifinire, chiedendogli prontamente di rientrare in difesa? E perché non posso migliorare l’attaccante
sulle situazioni di 1>1 in fase di non possesso?”
La provocazione nasce dal fatto che, come
detto prima, quasi tutte le squadre interpretano sempre di più, un possesso
palla che nasce da costruzioni basse per sviluppare manovre offensive con più
qualità di palleggio. Ovviamente, le situazioni appena citate, ci portano a
ragionare su di un particolare molto importante che, a seconda della qualità
del lavoro svolto, da un allenatore di qualsiasi categoria, determinerà la
riconquista della palla con più facilità rispetto ad altre squadre meno
allenate, da questo punto di vista. Nasce quindi la convinzione di non
escludere gli attaccanti da questo tipo di lavoro anzi, coinvolgerli
attivamente, nel convincimento che un particolare ben curato fa la differenza
nella facile riconquista della palla.
Si assiste spesso ad attaccanti svogliati e
mal preparati, di fronte ad un difensore che prova a puntarlo, si commette
l’errore classico di affrontarlo alla massima velocità non fermando la propria corsa
nello spazio giusto o, comunque, a lui più congeniale. Questo errore determina
spesso una rincorsa, da parte dello stesso attaccante, quindi un consumo
energetico notevole. Inoltre questo errore, determina il
prosieguo del possesso palla dell’avversario, nonché la superiorità numerica,
avendo lasciato un avversario oltre la linea della palla. La pericolosità che
determina l’errore dell’attaccante, è data dal fatto che metterà il difensore
nella situazione di palla aperta e di una conseguente rifinitura se lo stesso sarà
dotato di ottima tecnica.
La considerazione che posso fare, e che è
facilmente intuibile da parte di tutti gli addetti ai lavori, è che questo
lavoro andrebbe svolto nell'età di crescita e maturazione del giocatore. Quando
ci si trova di fronte a giocatori esperti e navigati, che mai hanno affrontato
determinate tematiche, risulta complicato ma non impossibile effettuare un
certo tipo di lavoro.
Pierluigi Arcuri
Allenatore di base Uefa B